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Una scheda sintetica. Una roba così non merita commento.

20130410-113812.jpgIl Senato ha approvato  il decreto Ilva-bis con  206 voti favorevoli.

La Camera ha licenziato il testo l’11  luglio scorso con 299 voti favorevoli.

Nel decreto sono state inserite circa 30 modifiche rispetto  al testo originario uscito dal Consiglio dei ministri.

Le commissioni Industria e Ambiente al Senato non hanno modificato  il testo, visto che il decreto scade il 4 agosto e i tempi per il ritorno alla Camera sono troppo stretti.

COSA PREVEDEVA IL TESTO ORIGINARIO

Il provvedimento, varato dal Consiglio dei ministri il 4
giugno scorso e composto da tre articoli, introduce nuove
norme per il commissariamento delle aziende (o degli
stabilimenti) che causano danni ambientali (per una durata
massima di 36 mesi), prevede la costituzione di un comitato
di tre esperti per definire un Piano di misure per la tutela
ambientale e per garantire il rispetto dell’Aia
(Autorizzazione integrata ambientale), e regola le figure
del commissario straordinario e del subcommissario.
Inoltre prevede un Piano industriale predisposto dal
commissario e stabilisce il commissariamento dell’Ilva di
Taranto.

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Le pecore non fumano. O forse sì?

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Liberamente rapinata da Facebook, grazie a Luciano Manna

E così abbiamo avuto tutti un’illuminazione.

Grazie al commissario straordinario dell’Ilva Enrico Bondi, abbiamo scoperto che i bambini di tre anni fumano come turchi a Taranto.
E abbiamo saputo che anche le donne incinte sono evidentemente grandi fumatrici perchè in alcuni casi i bambini sono già nati malati.
Può capitare, eh? Ora, sarebbe un’eccezionale concentrazione di donne sconsiderate e ignoranti, tutte a Taranto, con quel maledetto vizio del fumo, però in effetti non è impossibile.
Ma non solo. Abbiamo scoperto che fumano anche pecore e mucche a Taranto. E vorrei sapere cosa ne pensano i miei amici della famiglia Fornaro, che anni fa hanno dovuto mandare al macello i loro amati animali perchè pieni di diossina. Ah, certo, nelle sigarette vendute a Taranto ci sarà stata diossina. E tutto intorno alle stalle c’erano sicuramente migliaia di persone a fumare. E il fumo passivo, si sa, è nocivo. Abbiamo fatto anche la legge che vieta di accendersi le sigarette nei ristoranti!

Enrico Bondi dovrebbe dimettersi. Spero glielo chieda il ministro Orlando nel colloquio che avrà con lui nelle prossime ore.

È evidente che un commissario che firma un documento in cui si avalla sostanzialmente una tesi simile, non è equidistante come il suo ruolo richiederebbe.

DEVE DIMETTERSI. Senza nessun’altra alternativa. Oggi ha addirittura pateticamente cercato di smentire le sue affermazioni. Ma non può farlo, perchè le ha scritte, nel documento che allego e che è stato diffuso anche grazie a Peacelink, oltre che con lo scoop del Fatto quotidiano.

Nota ILVA SpA_dir 205 2013

documento fumo di sigarette

ps:  ”E’ molto importante che i cittadini e le organizzazioni non governative (Ngo)possano giocare un ruolo attivo nella difesa dell’ambiente”. Lo ha detto il commissario Ue all’Ambiente Janez Potocnik.
Per buona pace dei vari Bondi che sperano che le loro gesta rimangano segrete, per poi provare a rimangiarsele, la trasparenza di tuttigli atti è un diritto sancito dall’Europa.
«
Sebbene la legislazione Ue copra molte aree legate all’accesso alla giustizia, restano tuttavia dei vuoti e sia il Consiglio che il Parlamento hanno rivolto un appello affinche’ sia migliorato proprio l’accesso alla giustizia ambientale».

Capito, Bondi?

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Vista da lontano, l’Italia è ancora più assurda

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Amsterdam, pomeriggio di pioggia fina e di freddo. Umidità fin sotto la pelle.
Consulto compulsivamente il telefono, aspetto un messaggio. Poi mi arriva la mail dal giornale. Il pezzo che avevo scritto è da rifare: la Corte Costituzionale non ha avuto bisogno della notte per riflettere, e ha salvato la legge Clini emanata per consentire all’Ilva di continuare a produrre nonostante il fermo voluto, considerato necessario dai magistrati per il diritto non comprimibile alla salute e alla vita dei tarantini.
Niente da fare, l’industria ha vinto. Per ora.
E ha vinto quella politica che di fatto nomina anche i giudici della Corte e che ha detto sì al decreto diventato legge.
Ce lo aspettavamo tutti, ma sono crollata lo stesso.
Ho pianto come una bambina, e la cameriera del pub mi ha offerto una guinness. Ho provato a raccontarle cosa stava succedendo ma lei non poteva crederci.
A me ha dato fastidio quella sua incrollabile fiducia nelle istituzioni.
Le ho spiegato che in Italia è diverso, che i cittadini devono lottare per vent’anni e più per chiedere semplicemente il diritto a una vita sana.
Che ora bisogna studiare nuove strategie.
La cameriera mi ha chiesto: perchè non fuggite via?
No. Sono già fuggita una volta. Ora resto accanto ai miei amici e fratelli, e unisco i miei strumenti ai loro.
E come dicono i guerrieri spartani, alla fine vinceremo.

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E poi leggo un giornale, e mi viene la nausea

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Inizio subito autodenunciandomi. Non sono riuscita a mantenere il dovuto distacco. Nessuna alterità. Forse non ho nemmeno provato. Forse quando è partito il coro “Taranto li-be-ra” e io ho urlato a squarciagola e battuto le mani non è stata nemmeno una resa, è stata la necessità di mollare l’ipocrita atteggiamento da cronista e mostrare quello che il mio cuore chiedeva.
Partecipare.
Quindi racconterò della gente senza filtri opachi.
E comincio da Fabio Matacchiera e da Alessandro Marescotti. Giganti, nella loro dedizione, nella loro costanza, nella loro energia e nella loro lucidità. Il Fondo Antidiossina e Peacelink si complementano e si amalgamano alla perfezione. Sono bellissimi, con i loro occhi lucidi. E le lacrime, che quando ci vuole ci vuole.
Luciano Manna che sembrava un attaccapanni di macchine fotografiche. Mille input, mille server da gestire, riprese, dirette streaming, e sempre quella placida tranquillità di chi si è appena alzato da tavola. Ma come fa?
Ma non è stata una manifestazione di attaccanti, quella di stamattina. No.
C’era tutto un centrocampo allenato, efficace ed efficiente.
I medici. Che belli i medici quando ci mettono la faccia. “Basta, ogni giorno si ammalano bambini, bisogna fare presto”, ha detto un pediatra.
“Li vediamo ogni giorno i danni dell’Ilva, nel nostro ospedale”, ha aggiunto in oncologo. E le donne a raccontare: “un amichetto di mio figlio ha il tumore al cervello a dieci anni. Fa le chemioterapie a dieci anni”.

Tutti volevano raccontare stamattina a Taranto. La manifestazione è la prima di una settimana da far impallidire i riti di quella santa. Martedì c’è la consulta che decide sul decreto Salva Ilva, che già per il fatto che si chiama così, a me vengono i brividi. Con un sit in di tarantini a Montecitorio organizzato da Peacelink.
Domenica prossima il referendum consultivo. In mezzo cronache e interviste, per non far calare l’attenzione.
Però io credo che l’attenzione non potrà calare. Questo ho sentito. Bastava vedere gli anziani, che trascinavano stanchi ma fieri i passi al corteo, i giovani allegri, i professori che avanzavano compatti, i negozianti con le locandine del corteo sulle vetrine.
C’è chi ha tenuto a sottolineare che mancavano gli operai. Che qualcuno era lì solo a titolo personale. Ma cosa si pretende? Che indossino le tute mettendosi a disposizione del dispotismo delle vendette di fabbrica o a rischio licenziamento?
Certo che mancano, la città sta provando a saltare con l’asta il baratro che la divide da chi ha disperatamente bisogno di quella fabbrica, e per loro la politica continua a far finta di non vedere soluzioni.
Quando le telecamere si spegneranno, quegli operai si ritroveranno a essere indicati, identificati, mobbizzati. Posso capire il loro terrore.
Ma Taranto oggi è scesa in piazza anche per loro.
Perchè è con la fame di lavoro che si crea la disperata voglia di alternative, e allora qualcosa potrà davvero cambiare.

Ah già.
Poi salgo sul treno verso casa, trovo un Corriere, leggo del toto Quirinale, delle polemiche su Franceschini che vuole il governo col Pdl, di una giornalista salita su un tetto per strappare una foto di Grillo, e mi viene da vomitare.

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Bandiera bianca. Quella che vorrei vedere sull’Ilva

Una macchia bianca in mezzo alla città. Bianco come il colore dei camici che i tarantini ammalati vedono tutti i giorni. Bianco come il colore della resa.

Ma è tutt’altro che una resa quella della città di Taranto che domani 7 Aprile, dalle 10.30, scenderà in piazza a manifestare. La bandiera bianca è quella che spero di veder sventolare sull’acciaieria Ilva.

In attesa della sentenza della Corte Costituzionale, prevista per martedì, e che potrebbe decretare la chiusura dell’impianto, definendo incostituzionale la legge Salva Ilva voluta dal ministro Clini, e dalla maggioranza del Parlamento, i tarantini scendono in piazza a sostegno della magistratura.
Invitati da Peacelink e dal Fondo Antidiossina che hanno organizzato il corteo, medici, infermieri, analisti, tutto il comparto sanitario insomma, ha aderito e parteciperà in camice bianco.

E poi, martedì 9 Aprile, tutti a Roma, in piazza Montecitorio, per un lungo sit in, dalle 9 alle 18 grazie anche a No War, dove gli ammalati e i tarantini che nel sangue hanno tutt’oggi piombo e altri metalli pesanti, segnali di un’esposizione che continua imperterrita, attenderanno l’esito della decisione della Consulta.

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Si fa presto a dire Pm10

891713_4993258144077_876995174_oDiretta streaming su Peacelink di un interessante incontro all’università di Giurisprudenza di Taranto sul decreto Salva-Ilva, la sua costituzionalità e la situazione della città. Presente anche Giorgio Assennato, direttore dell’Arpa pugliese.

Ho le cuffie, lo ascolto mentre sono al lavoro, come un sottofondo. Ascolto gli interventi, mi perdo ogni tanto qualcosa ma so che potrò recuperarlo nella registrazione, e intanto scrivo notizie nella pagina delle news di Metro. A un certo punto mi distraggo, sto cercando di capire cosa sta succedendo a Palazzo Chigi dove teoricamente dovrebbero decidere come assegnare i 20 miliardi che dovrebbero essere a disposizione delle imprese che vantano crediti con la pubblica amministrazione. Mi perdo dietro questi condizionali, e nelle dichiarazioni in politichese dei politici quando Luciano Manna mi richiama su Taranto con un messaggio. “Hai sentito?”. connetto orecchie e cervello: Assennato sta appena dicendo che l’aria di Taranto non è peggiore di quella di altre città d’Italia. Che le Pm10 sono allo stesso livello, che in Canada si respira la stessa aria.

La webcam inquadra la faccia perplessa e lo sguardo interrogativo di Alessandro Marescotti che scalpita per intervenire. Sul mio telefono leggo la rabbia di Fabio Matacchiera. Ci sentiamo: è giustamente furioso.

“Il tema non è quanta Pm10c’è a Taranto, o almeno non solo – mi dice Fabio Matacchiera – Il tema è cosa c’è nelle Pm 10. I metalli pesanti e le polveri inquinanti che abbiamo qui non ci sono altrove”.

Certo, è così. Certo, ma non è facile che chi sta ascoltando il direttore dell’Arpa abbia queste conoscenze, abbia questi strumenti per controbattergli. Fortunatamente Marescotti non gliele manda a dire, ed è preciso nella sua replica.

Ma quante volte, in  quanti giornali,  in quanti studi i televisivi, le parole di Assennato o chi per lui saranno state semplicemente riportare, senza analisi, senza dubbi, senza approfondimenti? quante volte la bugia sarà stata ripetuta, fino a diventare verità per qualcuno?

Per una marea di ragioni, ma anche per questo, sabato e domenica sarò a Taranto. E Toghe Verdi racconterà, giorno per giorno, il cammino verso il 9 aprile, quando la Corte Costituzionale dirà la sua sul decreto Clini Salva Ilva che secondo i magistrati Tarantini viola 17 articoli della Costituzione.

Ci vediamo 500 chilometri a Sud, tra una manciata di ore.

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Una data, un impegno. Per tutti

Tenetelo in agenda: sette aprile. Tutta Taranto è chiamata a partecipare alla grande manifestazione per far arrivare lontano, fino a Roma, la propria voce.
Ma non solo.
Tutta Italia è chiamata in causa, dal decreto cosiddetto Salva-Ilva. Perchè l’ingerenza a posteriori potrebbe colpire qualsiasi barricata dove ogni giorno comitati, residenti, cittadini, stanno lottando per affermare il diritto costituzionale alla salute.
E alla vita, aggiungo.

Tutti a Taranto, il sette aprile.
Perchè Taranto è casa nostra.

Intanto, aderite all’appello firmando qui

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Come se niente fosse

Schermata 2013-02-17 alle 09.49.22Taras, ancora tu. La cronaca giudiziaria la conosciamo. Il gip ha acconsentito allo sblocco dell’acciaio sequestrato per la vendita.
Non è una resa, è il contrario.
La vendita è stata affidata ai custodi giudiziari e il ricavato è blindato (800 milioni stimano gli stessi custodi, un miliardo dice invece l’azienda) in un fondo per la confisca.
Secondo il Sole 24 Ore è quasi certo che l’Ilva impugnerà al Tribunale del Riesame l’atto del gip e d’altra parte l’azienda lo ha già contestato con una nota definendolo «illegittimo» e adottato quando ormai la Corte Costituzionale sta per pronunciarsi sulla legge 231 del 2012 (lo fará ad aprile).
«Inopportuna» viene poi definita dall’azienda la decisione di bloccare a tempo indeterminato le risorse della vendita anziché usarle per la bonifica ambientale e quindi «nell’interesse dei cittadini». 
A me questa frase fa venire rabbia. Come può parlare l’azienda dopo quello che è avvenuto nelle scorse ore e che è stato documentato da un video dell’instancabile Fabio Matacchiera. Il video è stato oggetto di un esposto consegnato dallo stesso Fabio, presidente del Fondo Antidiossina, nelle mani del dott. Franco Sebastio, Procuratore capo di Taranto.
Scrive Fabio: «Il magistrato mi ha convocato presso gli uffici della questura di Taranto per avere ulteriori ragguagli. Un lungo colloquio interessante e cordiale alla presenza di alcuni funzionari della Digos. Il video dimostrerebbe che la situazione rimane immutata e “consolidata”, proprio a causa del “via libera” dato dal Governo all’ILVA di Taranto a continuare a produrre con gli impianti inquinanti e posti sotto sequestro dalla Procura di Taranto. Occorrerà aspettare il parere della Corte Costituzionale circa la eventuale  incostituzionalità del decreto legge (salva Ilva), tramutato in legge che violerebbe diversi articoli della Costituzione». 
Ma ecco cosa raccontano i colleghi del Sole 24 Ore: « La nube è stata provocata dalla fuoriuscita di gas a seguito dell’improvviso blocco di una turbina collegata all’altoforno 5, il più grande dello stabilimento e fra gli impianti sequestrati a luglio dai giudici per inquinamento. Il blocco ha infatti mandato in avaria il sistema che regola la pressione del gas dell’altoforno e quindi fatto scattare in automatico le valvole di sicurezza. I tecnici, subito intervenuti, hanno poi ripristinato la normalità e nuovamente regolato la pressione. E anche se l’Ilva dice che tutto è durato un minuto e che non sono state immesse nell’aria sostanze inquinanti, né ci sono state conseguenze a persone e impianti, è bastato poco per creare allarme a Taranto dove sull’ambiente e sull’Ilva c’è un livello di attenzione molto alto».
È bastato poco???
Ad andare in tilt è stato l’altoforno sequestrato, l’Ilva continua a produrre, come se nulla fosse, e la gente a morire, ed è proprio come se nulla fosse, l’azienda vorrebbe i soldi dell’acciaio in vendita per la bonifica, nell’interesse dei cittadini, sostiene. Ma è proprio quello che intendono fare le toghe verdi di Taranto. Se glielo lasciassero fare, per l’appunto.

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Il diavolo, i super ricchi e Vendola naso di legno

20130107_vendola«I super-ricchi devono andare al diavolo, Putin ha le sembianze del diavolo e dunque Depardieu è sulla direzione giusta». Che candido il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola.
Lui è quello che candida per Sel il portavoce della comunità senegalese a Firenze, un operaio, una femminista, e poi, certo, anche la stimata portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifiugiati.

E i super ricchi non gli vanno a genio. Che vadano al diavolo, dice.

Presidente Vendola, una domandina: i Riva non erano ricchi abbastanza da essere mandati al diavolo?

Lo so, è il post più breve della storia di Toghe Verdi, ma questa domandina ce l’avevo in gola, e non scendeva e non saliva, come un ovosodo.

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Fatemi capire: tutto sto casino per avere un decreto alla Berlusconi?

Un decreto per rendere l’Ilva un sito da proteggere, anche con le forze armate. Per poter continuare a produrre, a vendere, a far lavorare, a inquinare.

Neanche una parola per i malati di Taranto.

Neanche una parola per indagini che vedono compromessa l’integrità morale di chi quei malati e la cittadinanza tutta dovevano proteggere.

Neanche una riga nell’agenda politica.

Neanche una parentesi nel dibattito delle primarie.

Nè un’idea, nè una soluzione, nè una proposta.

L’unica, terribile, ipotesi: che Monti proponga a Napolitano un decreto per fare di Taranto quello che è stato fatto di Acerra qualche anno fa dal governo Berlusconi.

Un decreto per scavalcare un’ordinanza della magistratura. Per calpestare il diritto alla salute di una cittadinanza.

Presidente Napolitano, il diritto alla salute è tutelato dalla Costituzione. Dica di no a questo decreto criminale.

 

 

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